Dopo la caduta di Mozia la città di Lilibeo incominciò a svilupparsi, favorita dall'aumento della sua popolazione e dalla fertilità del terreno oltre che dalla posizione geografica.
Quindi la distruzione di Mozia viene a coincidere con la progressione di Lilibeo che divenne ben presto un baluardo cartaginese in Sicilia. Per circa un secolo nella comunione di moziani e cartaginesi, la città visse grande fioritura economico-commerciale. I moziani infatti ne svilupparono i commerci e impreziosirono il centro urbano con palazzi e monumenti, mentre i secondi decisamente più guerrafondai innalzarono molte torri di difesa e castelli.
Fu allestita anche una grande fossa che da un'estremità all'altra toccava il mare e la rendeva inacessibile per terra. Una vera e propria piazzaforte, quindi.
Lilibeo divenne la chiave della potenza punica in Sicilia. La stessa città nel 268-267 a.C. resistette all'assedio di Dionisio nella guerra che negli ultimi anni della sua vita condusse contro i cartaginesi nel tentativo di cacciarli dalla Sicilia.
Quando i cartaginesi cercarono di riacquistare il perduto prestigio in Sicilia nel 342 a.C. , Lilibeo costituì la grande base inespugnabile. Sbarcarono in città anche i generali cartaginesi Asdrubale e Amilcare che con la loro flotta di 200 triremi e 100 navi trasportarono 70.000 soldati ed un gran numero di carri da guerra per affrontare Timoleonte di Siracusa.
La guerra culminò con la battaglia del Crimiso, una delle imprese più riuscite dei siracusani ed una delle più dolorose sconfitte cartaginesi.
Lilibeo infatti resistette anche all'assedio di Pirro, re dell'Epiro, che nel 276 a.C. era accorso in aiuto degli aretusei. I cartaginesi mandarono ambasciatori a Pirro promettendo di rinunciare a qualsiasi pretese in Sicilia pur di mantenere Lilibeo. Il re dell'Epiro rifiutò la proposta e assediò la città, ma il forte esercito che la presidiava, il dominio del mare da parte dei cartaginesi, la chiusura del terreno per la larga fossa di difesa e le possenti torri delle mura resero vano ogni assalto di Pirro che fu costretto dopo due mesi di assedio ad abbandonare la città.
Così il re vide fallire il suo grande tentativo di unificazione della Sicilia.
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