Giordano Bruno


APPUNTI SU GIORDANO BRUNO (Nola-Roma)
La morale e le condizioni di vita
Giordano Bruno è un frate che per vocazione decide di chiudersi in un convento nonostante le regole ecclesiastiche non ben viste. Egli parla della chiesa definendola una cella angusta e nera, così come appunto la sua cella in convento. Le regole ecclesiastiche, recita Bruno, non tengono conto della fede e sono ormai tramontate e risalenti al Medioevo, così come tutta la Chiesa istituzione.
Egli parla di morale eteronoma (quella esterna, dettata dal papa, con regole da rispettare anche se non condivise) e morale autonoma (propria, interiore, indipendente).
La maggioranza dei fedele va a messa senza capire cosa significa veramente questo gesto: è la santa asinità, che non tiene conto di una morale autonoma e quindi rispettosa ma consiste nel credere ciò che viene detto senza però comprendere a fondo.
Concezione di Dio
La concezione di Bruno su Dio è quella che più ha dato fastidio alla chiesa, che lo avrebbe poi condannato al rogo nel 1600. Dio è creatore, ordinatore della Natura oltre ad essere natura stessa (riferimenti a Cusano).
1) Dio è uguale ad una mens, ovvero una mente, un’anima del mondo che permette la vita. Tale mens è insita omnibus (visione rinascimentale, panteismo, considerazione di Dio all’interno dell’uomo), ovvero si trova all’interno di tutte le cose. Ma è allo stesso tempo super omnia, ovvero si trova al di sopra di tutte le cose (visione medievale).
2) L’infinità del mondo è un grave abbattimento delle barriere, peccato dell’universo. Ma se Dio è anima del mondo non può ridursi a questo mondo. Pertanto il mondo è infinito: questa teoria andava palesemente contro il credo della Chiesa.
3) Teoria dei Mondi Paralleli: la terra non è unica, può esserci un’altra terra abitata da altre persone anche più perfette.
Il mito di Atteone: la concezione della Natura
Bruno è un naturalista, e con il mito di Atteone spiega la sua posizione riguardo la natura. I protagonisti del mito sono un cacciatore, Diana dea della caccia. Dopo una trasformazione, arriva la morte: ovviamente tutto ciò è reso in parole semplici nel mito ed ha funzione allegorica.
Un cacciatore passeggia nel bosco, al fine di catturare qualche animale, e nel suo giro di perlustrazione vede Diana nuda. Dopo questa visione si innamora e diventa cervo, per poi essere sbranato dai cani di Diana.
Il cacciatore rappresenta ovviamente l’uomo che cerca di dominare la natura, mentre Diana è la natura stessa buona ma selvaggia. Può passare da oggetto a soggetto della situazione, ed è forte quanto docile. Tale concezione verrà poi ripresa da Leopardi nelle Operette Morali.
La trasformazione simbolegga la passione che fa cambiare (Razionalità diversa da amore, tanathos ovvero impeto all’aggressività). Il cervo, allegoria della tragedia, simboleggia Diana.
La fine: il rogo del 1600
Sul rapporto uomo/Dio: meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora. Questa citazione testimonia quando possa essere scomodo un pensiero come quello di Giordano Bruno per la Chiesa attenta a mantenere saldi i propri possedimenti e intenta nel consolidare la propria influenza sulla gente. Nel 1600 viene condannato al rogo, dove rifiuta di conciliarsi con la chiesa e resta coerente con il suo pensiero fino all’ultimo: non bacia infatti il Cristo che gli viene posto innanzi prima di essere bruciato.

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