S’EO trovasse Pietanza
In carnata figura,
Merce la chiedería
Ch’a lo meo male desse alleggiamento.
E ben faccio accordanza
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Infra la mente pura,
Che ’l pregar mi varría,
Vedendo lo mio umile gecchimento.
E dico: Ahi! lasso, spero
Di ritrovar mercede,
Certo ’l meo cor nol crede:
C'io sono isventurato
Più ch’uomo innamorato;
Solo per me Pietà verría crudele.
Crudele e dispietata
Sería per me Pietate,
E contra sua natura,
Secondo ciò che mosso ha ’l meo distino,
E Mercede adirata,
Piena d’impietate.
I’ ho cotal ventura
Che pur disservo a cui servir non fino.
Per meo servir non veio
Che gio’ mi se n’accresca;
Anzi mi si rinfresca
Pena e dogliosa morte
Ciascun giorno più forte:
Ond’eo perir sento lo meo sanare
Ecco pena dogliosa
Che ne lo cor m’abbonda,
E spande per li membri,
Si che a ciascun ne ven’ soverchia parte.
Giorno non ho di posa,
Come nel mare l’onda:
Core, che non ti smembri?
Esci di pene, e dal corpo ti parte:
Ch’assai val meglio un’ora
Morir, che ognor penare,
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Dacchè non può campare
Uomo che vive in pene,
Nè gaudio nullo invene,
Nè pensamento ha che di ben s’apprenda.
Tutti quei pensamenti,
Ch’e’ miei spirti divisa,
Sono pene e dolore,
Senz’allegrar, che non li s’accompagna;
Ed in tanti tormenti
Abbondo in mala guisa,
Che ’l natural colore
Tutto perdo, si ’l cor si sbatte e Tagna.
Or si può dir da manti:
Che è ciò che non si muore
Poi ch’è sagnato il core?
Risponde: chi lo sagna,
In quel momento istagna:
Non per mio ben, ma prova sua virtute.
La virtute, chi l’àve
D’uccidermi e guarire,
A lingua dir non l’oso,
Per gran temenza ch’aggio non la sdegni.
Ond’io prego soave
Pieta, che mova a gire
E faccia in lei riposo,
E Mercè umilemente se li alligni,
Sì che sie pïetosa
Di me, chè non m’è noja
Morir, s’ella n’ha gioja;
Che sol viver mi piace
Per lei servir verace,
E non per altro gioco che m’avvegna.
NOTIZIE SULL'AUTORE:
I suoi genitori si sarebbero conosciuti nel castello di Hagenau, una delle residenze preferite dall'imperatore del Sacro Romano Impero. Il suo vero nome, Heinrich, venne abbreviato in Heinz (lat. Encius, italianizzato in Enzio o, in maniera scorretta, in Enzo), per distinguerlo dal fratellastro Enrico, primogenito legittimo e figlio di Costanza d'Aragona.
Sigillo a effigie di cera della pergamena 30 gennaio 1240. Intorno al campo recita la legenda: SIGILLUM HENRICI REGIS TURRIUM ET GALLUR(IS). Cagli, Archivio Storico Comunale
Molto bello e intelligente, sposò nel 1238 per interessi dinastici Adelasia, vedova del giudice di Torres e Gallura, e fu nominato re di Sardegna dal padre. Il papa Gregorio IX, che aveva la giurisdizione dell'Isola, scomunicò per questa nomina Federico II e iniziò così una lunga serie di battaglie che Re Enzo fronteggiò da protagonista e per cui venne anch'egli scomunicato.
Soprannominato il Falconetto per la grazia e il valore, amava, come il padre, la falconeria e aveva numerosi interessi culturali.
Nominato vicario imperiale, combatté contro i comuni guelfi di Romagna e Marche. Nella battaglia dell'isola del Giglio (1241), riportò una vittoria contro le navi del papa, catturando i prelati francesi e inglesi si stavano recando a Roma per il Concilio ecumenico indetto da Gregorio IX.
Nel 1247 assediò assieme alle truppe di Ezzelino da Romano il castello di Quinzano, presso Verolanuova, per poi abbandonarlo per sostenere la città di Parma caduta nelle mani dei Guelfi.
Il 18 febbraio 1248 riuscì a fuggire dalla distruzione della cittadella fortificata di Vittoria, eretta in legno dall'imperatore alle porte di Parma.
Nel 1249 aveva intanto sposato in seconde nozze una nipote del cognato Ezzelino da Romano, dal nome ignoto.
Il palazzo di Re Enzo a Bologna.
Durante l'ultima battaglia, il 26 maggio 1249 a Fossalta, fu catturato e quindi imprigionato a vita a Bologna, nel palazzo adiacente a Piazza Maggiore, detto per questo Palazzo Re Enzo: i bolognesi infatti rifiutarono irritualmente qualsiasi proposta di riscatto da parte dell'imperatore. Malgrado fosse costretto alla prigionia, gli fu concessa una vita abbastanza agiata, allietata dalla poesia e dalla compagnia delle dame.
Dopo ventitré anni di prigionia morì a Bologna il 14 marzo 1272 e fu sepolto presso la basilica di San Domenico.
Dalle sue unioni ebbe un figlio, Enrico, e dall'unione con una certa Frascha ebbe Elena, che andò in sposa al conte Ugolino della Gherardesca. A Bologna ebbe altre due figlie naturali, Maddalena e Costanza.
Scuola siciliana
Si attribuiscono comunemente a Enzo quattro componimenti (due canzoni, un sonetto e un frammento probabilmente di canzone), riconducibili alla tradizione poetica della scuola siciliana, ascritti dai manoscritti che li tramandano a Rex Hentius, Rex Enso, lo re Enzo ( DA WIKIPEDIA)
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