La Villa Romana di Marsala



Abbiamo trovato un interessante articolo sulla Villa Romana di Marsala, l'unica esistente ai nostri giorni, con i relativi mosaici.

La Villa Romana di Marsala
di Elisabetta Stinco


Nella zona del promontorio di Capo Boeo gli scavi condotti nel corso del 1939 da Jole Bovio Marconi hanno riportato alla luce i resti di un sontuoso complesso edilizio, provvisto di ambienti termali e di stanze piuttosto ampie, di cui non ci sono pervenute le strutture di alzato; ma le pavimentazioni, arricchite di numerose decorazioni musive policrome, e i livelli inferiori esplorati hanno messo in evidenza la presenza di precedenti fasi di costruzione utili per definire la cronologia del sito.
Nel corso delle successive campagne negli anni 60 sono stati scoperti nella zona a sud-est della villa nuovi ambienti termali, tra cui un tepidarium e un calidarium, con esigui resti di decorazioni pavimentali. Ulteriori ricerche furono poi compiute tra il 1972 e il 1976, quando venne ampliata l’area di scavo, con buoni risultati, e al tempo stesso fu attuata una serie di restauri volti al recupero di decorazioni musive.
Ora, l’insula è diretta testimonianza di quella intensa attività edilizia che interessò tale zona a partire dalla seconda metà del IV sec. d.C.: gli scavi archeologici condotti a varie riprese nell’area dell’abitato hanno, per l’appunto, permesso di accertare che proprio in quel periodo interi isolati caddero in rovina e che sulle macerie dei vecchi edifici sorsero nuove costruzioni, verosimilmente in seguito al devastante terremoto che nel 365 d.C. colpì numerose zone del Mediterraneo. In modo particolare, nel caso del complesso di Capo Boeo, sono stati ritrovati in sequenza due differenti livelli di costruzione corrispondenti a due ben diverse fasi edilizie: una più antica, risalente al II sec. a.C., e una più recente, quella in questione, databile tra la fine del II sec. e i primi del III sec. d.C.
La struttura è costituita da: un corpo centrale con un vestibolo e un atrio tetrastilo circondato da vari ambienti; un’ala a sud-est allo stesso livello formata da piccoli ambienti irregolari con esigue tracce di decorazione; un’ala a nord-ovest con numerosi bagni; una parte posteriore costituita da peristilio circondato da quadriportico e da numerosi ambienti. A nord è visibile una porzione di strada lastricata in pietra bianca di Trapani.
L’ala nord-ovest della villa ci conserva un complesso di bagni privati, cui si accedeva tramite un vestibulum, ovvero l’ingresso vero e proprio, e un piccolo apodyterium, lo spogliatoio. Da qui si passava al frigidarium, la stanza per il bagno freddo, un ambiente di notevoli dimensioni, riccamente decorato, e poi agli ambienti caldi: prima al tepidarium, una stanza di passaggio, intermedia fra le due precedenti che a volte veniva adibita a spogliatoio, quindi al laconicum, il sudatorio, così chiamato perché gli Spartani ne avrebbero fatto uso per primi, ed infine ai due calidaria, le stanze per il bagno caldo con le vasche d’immersione.
Quasi tutti gli ambienti privi, come detto, delle strutture di alzato sono impreziositi da decorazioni pavimentali a mosaico, figurato e geometrico, per lo più a colori, realizzate con vari tipi di marmi locali e continentali.
Una delle stanze più note presenta come soggetto la testa di Medusa: all’interno di una grande fascia con bordo intrecciato prende vita un gioco di rombi colorati che formano a loro volta una stella, contenente la pregevole rappresentazione della testa della Gorgone.
Ad est di questo celebre mosaico sono rimaste tracce piuttosto esigue di una decorazione con un cane incatenato che si muove verso sinistra: è probabile che la funzione della stanza fosse quella di vestibulum, cioè di spogliatoio, e che il cane sia da collegare alla reale presenza dello animale come guardia all’entrata, da interpretare, dunque, come immagine di cave canem.
Di notevole varietà è, poi, la decorazione musiva del frigidarium, ben conservata, con un’apertura centrale ed inserita all’interno di un quadrato di tessere nere e di una successiva fascia smerlata.
Dall’incrocio di un cerchio con il quadrato, risultano al centro quattro triangoli, due dei quali raffigurano una piccola tigre e un leopardo che fuoriescono dal guscio di una lumaca, mentre gli altri due sono praticamente illeggibili. Il cerchio centrale è, poi, diviso in quattro fasce, ognuna delle quali presenta un vaso o un’anfora da cui escono piante rampicanti, mentre in ogni quarto del cerchio è rappresentata una coppia di animali in lotta fra loro: un leone contro un cavallo, una tigre che assale un’antilope, un leopardo che aggredisce un cervo e, infine, una pantera che attacca una gazzella. I quattro predatori sono decorati con fasciature al collo e all’addome, elementi da collegare alle lotte di animali nelle arene.
Procedendo ancora verso est, si incontra una delle stanze più famose, che non è collegata alle funzioni del complesso termale, ma presenta un soggetto decisamente originale e caratteristico: si tratta di un grande rettangolo i cui angoli interni presentano piccole personificazioni di stagioni. Quella meglio conservata raffigura l’estate con piante di grano e falce come attributi: in un altro angolo compare una figura, non perfettamente delineata, che secondo l’iconografia tradizionale riconduce all’immagine dell’inverno, con la zappa e con un sacco; le altre due sono difficilmente definibili per il loro pessimo stato di conservazione. Tutti i piccoli rombi formano poi, al centro, un’enorme figura ottagonale, nella quale compare la rappresentazione della Trinacria che conserva soltanto una delle tre gambe e che è realizzata con tessere di poco meno di un centimetro in pietra gialla, in cotto rosso e in pietra nera.
Da considerare anche la complessità del sistema idrico con gli scarichi delle acque dei bagni e dei tetti nell’atrio e nel peristilio, cui si aggiungono, evidentemente, numerose e profonde cisterne d’acqua ed una serie di fornaci, suspensurae, e condutture d’aria ad alta temperatura per il riscaldamento degli ambienti caldi.
Dunque l’insula, per quanto priva di numerose parti, è una struttura di notevole complessità, prima di tutto dal punto di vista cronologico, in quanto ha permesso di approfondire le nostre conoscenze in merito alla storia del sito; infatti, dopo l’intensa fase edilizia della fine del III sec. d.C. documentata proprio dai resti dell’insula, l’area non fu più destinata alla edificazione di strutture abitative, e ciò è evidenziato dalla presenza di tombe a lastroni sulla pavimentazione di alcuni ambienti o della sede stradale. È perciò probabile che, dopo la metà del V sec. d.C., questa parte della città sia stata abbandonata e progressivamente occupata dalla necropoli.
Al tempo stesso, le ricche decorazioni musive testimoniano il grado di raffinatezza e di evoluzione delle maestranze di architetti e di artigiani che operavano nel luogo e sono logicamente riflesso di quella floridezza e di quella prosperità di cui godette per lungo tempo l’antica Lilybaeum.

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