"Conoscere il dialetto è possedere lo strumento
per capire il mondo da cui siamo venuti
e in cui siamo ancora immersi,
non per limitare il nostro orizzonte ma, al
contrario,
per collocare i fatti della nostra storia particolare
nel quadro più ampio della storia e della cultura
nazionale ed europea
che è fatta di tanti contributi particolari
che lentamente si sono aggregati e stanno ancora
aggregandosi"
(T.De Mauro-M.Lodi)
Della lingua siciliana si hanno notizie fin dal 1230, quando una colta élite di burocrati e funzionari della corte di Federico II - monarca del regno svevo proclamato imperatore nel 1220 - si diede a coltivare l'arte della poesia volgare.
Lo splendore del volgare siciliano fu tale che lo stesso Dante
Alighieri nella sua opera "De vulgari eloquentia" definì tutta la
produzione poetica siciliana col nome di "Scuola Siciliana" e
affermò che i primi "pionieri" nel campo della produzione
letteraria e poetica in lingua volgare italiana furono proprio i poeti siciliani
appartenenti a questa scuola. Palermo divenne la culla della poesia
siciliana.
Tra i più famosi poeti di lingua siciliana troviamo Cielo
D'Alcamo, giullare particolarmente colto di cui si hanno poche notizie, che
scrisse il celebre componimento "Rosa fresca aulentissima" e
Giacomo da Lentini, da molti ritenuto l'inventore del "sonetto".
Dante gli attribuì il titolo di caposcuola della lirica siciliana dato che nei suoi componimenti erano presenti tutti gli stili letterari siciliani fino ad allora usati: sonetto, canzone e canzonetta. Qualche tempo dopo l'influenza della lingua siciliana si espanse anche nel nord Italia, specialmente in Toscana dove si venne a formare una corrente di poeti, i poeti siculo-toscani, che in seguito avrebbe dato origine alla scuola del dolce stil novo e alla lingua italiana che si affermò come lingua del popolo italiano al contrario del siciliano che fu degradato al ruolo di semplice dialetto regionale.
In tempi recenti il dialetto siciliano è salito nuovamente
alla ribalta grazie ad autori come Pirandello, Verga, Capuana, il grande
poeta dialettale Ignazio Buttitta fino al contemporaneo Andrea Camilleri.
La Sicilia fu anche Nazione, con il suo governo e con una sua lingua anch’essa molto antica, anche se talune volte tra un territorio e l’altro si notano delle piccole variazioni attribuibili più al suono che al vocabolo stesso. Esempio:
Il fenomeno di uniformità della lingua, fu osservato da molti
studiosi di glottologia uno di questi fu il tedesco Gerald Rohlfs che scrisse
“esiste nell’isola un dialetto unitario”. Le differenze che si possono notare
nel lessico derivano quasi eslusivamente dalla presenza più o meno di avanzi
del greco e dell’arabo. Il lessico latino presenta in tutta l’Isola una
uniformità che raramente si trova nelle altre regioni d’Italia.
Tutto ciò non significa che la lingua siciliana di oggi, si
formò tutta nello stesso tempo, anche se buona parte (quella più antica) è
stata per sempre persa.
Le lingue sono sempre in movimento; e come in qualunque cosa il processo di evoluzione è sempre presente. La lingua siciliana è una lingua stratificata.
Pietro da Eboli , monaco poeta e medico , vissuto nella
seconda metà del XII secolo alla corte sveva, scrisse "Panormus, urbs
felix, trilingue dotata", definendo i siciliani trilingue, (perchè
parlavano tre lingue) il Greco, l'arabo ed il Latino. Più tardi con l’arrivo
dei Normanni abbiamo anche il Francese che si mescola alla nostra lingua già
tanto complicata.
Con la fine della dinastia Normanna il regno di Sicilia passo
agli Svevi e Federico II, (chiamato “Stupor Mundi”, per il suo grande ingegno
di uomo politico scienziato e letterato), non solo aggiunse parole tedesche
al nostro vocabolario (non molte comunque), ma per lottare contro la
religione Islamica che si era a suo tempo diffusa nell’isola, da cristiano
che era, cominciò un programma di rivitalizzazione della lingua Latina per
tutta la Sicilia e la bassa Italia.
Per questa ragione la lingua siciliana perse la rimanenza
delle forme del Latino antico e acquistò quelle del latino ecclesiastico che
era un Latino più giovane, rendendo la lingua siciliana più elegante e più
piacevole come suono.
A quel tempo il Greco era ancora usato nell’isola, tanto che quando Federico II° pubblicò “Le costituzioni Melfitane” ha dovuto pubblicarle anche in greco, poiché il latino quasi non esisteva più, dopo tanti secoli di assenza.
Il processo di rilatinizzazione, cominciato da Federico II,
durò fino al secolo XIV, poiché un’altra dinastia, quella Aragonese era
venuta in Sicilia. Con la seguente dominazione Spagnola, un altro strato di
vocaboli si aggiunge alla lingua siciliana, vocaboli che ancora oggi
persistono.
Con l’unificazione d’Italia e l’imposizione della lingua Italiana ai Siciliani, un altro vocabolario venne messo al di sopra di tutti gli altri, e non è tutto, poiché in Sicilia dopo l’occupazione Americana del 1943 alcuni americanismi si aggiunsero alla lingua.
La
lingua Sicano-Sicula di tre mila anni fa fu influenzata:
1) Dai Greci, VII secolo a.C., e di cui ancora usiamo abbastanza parole, come:
2) Dai Romani, IV secolo a.C., è
rimasto ben poco di questo Latino antico, perché l’influenza latina scomparve
dalla Sicilia molto presto a causa della caduta dell’impero romano (Il latino
che esiste ancora oggi e quello che risultò dalla rilatinizzazione che fecero
Ruggero II° e Federico II° in Sicilia e nella bassa Italia, dopo che fu fatto
il regno di Sicilia).
Ci sono comunque ancora delle parole di latino antico che usiamo nel nostro parlare giornaliero:
3) Dai Cartaginesi dai Barbari dai Vandali e dai Goti
invece non rimane nulla, poiché hanno soltanto saccheggiato la Sicilia in
maniera brutale. Successivamente abbiamo subito l’influenza dell’impero
Romano d’oriente, che portò nuovamente il greco in sicilia. Nel 820 d. C. è
la volta degli Arabi che hanno lasciato forte influenza nella lingua
siciliana, che come quella greca ancora persiste. A seguire alcuni vocaboli
che ancora usiamo:
Curiosità: l’Etna (chiamato Mungibeddu) fu nominata dagli
Arabi mundi-mundi, che ha la radice latina in mons (monte), e la radice araba
gebel (monte). Il vulcano era ritenuto da credenze popolari dell’epoca il
padre di tutti i monti e di tutti i vulcani.
4) Anche i Normanni portarono nuovi vocaboli, complicando ancora di più la nostra lingua. Di seguito alcuni vocaboli con radici Francesi:
5) La dominazione Spagnola durò più
di cinque secoli, apportando nell'isola nuovi usi, costumi, leggi e... ancora
altri vocaboli:
6) Nel XVIII secolo durante la dominazione Spagnola la Sicilia
venne assegnata all’impero Austriaco, il quale per
ripagarla di tutti i muli carichi d’oro portati a Vienna, lasciò una manciata
di vocaboli che sono ancora in uso:
7) Con gli emigranti di tutte e due le guerre mondiali e poi
con lo sbarco degli americani nel 1943, si aggiunsero ancora nuovi vocaboli.
"Si fermerà mai questo ciclo?".
La lingua inglese ha pure influenzato il superlativo degli aggettivi della lingua siciliana aggiungendo il prefisso “veri” (assai):
8) Infine c’è da dire che la lingua siciliana ha influenzato
una piccola parte della lingua Italiana come spiega G. Gulino in un articolo:
“ Il dialetto siciliano, la nostra memoria storica”:
Come detto sopra la nostra lingua è costituita da diversi
strati, però questo non sta a significare che la lingua non è siciliana. La
lingua siciliana è la nostra lingua, unica come nessun’altra al mondo,
quindi... facciamo in modo di non perderla!
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Approfondimento: il dialetto siciliano
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