Quella mattina del 1 Maggio 1964 la sveglia suonò presto nella Casa della Divina Provvidenza di Marsala, i ragazzi corsero a lavarsi e vestirsi, erano impazienti di uscire, la gita che avrebbe dovuto portarli sull'Isola di Mothya, dove, fra storia e divertimento, avrebbero trascorso quel giorno che, ormai, era diventato in tutta Italia come il giorno in cui si ha un assaggio delle vacanze estive.
Appena pronti i giovinetti si recarono in chiesa, dove i Padri Salesiani li invitarono a mettersi in Grazia di Dio, così tutti insieme iniziarono a pregare la Vergine Maria, celeste Madre dell'innocenza, e ad uno ad uno si rinconciliarono con il Signore, per quelle piccole mancanze che può avere un ragazzino, confessandosi e ricevendo il perdono divino. La Santa Messa - che dire? - fu un tripudio di gioia e di canti a lode di Dio e in onore del Santo Patriarca Giuseppe, di cui in quel giorno si celebra la laboriosità e l'onestà nel lavoro. E, un pò impazienti, i giovinetti irrequieti quasi saltavano lungo la navata, mentre, con cuore devoto, si apprestavano a ricevere la Santa Comunione.
Terminata la Santa Messa i ragazzi corsero nelle camerate a prendere quelle poche cose che dovevano portare con sé e subito, quasi come fulmini, si trovarono dinanzi al portone, da dove doveva partire l'allegra brigata. Alcuni, i più piccoli, tardavano ad unirsi ai compagni, ma i più grandi non mancavano di dare una mano a quei teneri fanciulli che, ancora così piccoli, avevano bisogno di una mano fraterna che li aiutasse.
Tutti pronti, l'allegra brigata parte! Sono 92 ragazzi, dai 10 ai 18 anni, che, con la gioia tipica di quell'età, si dirigono festosi verso la località Marinella, da dove dovranno salpare per Mothya, giunti lì li aspettano tre barche e tre uomini che guideranno le stesse. I ragazzi salgono, partono prima la barca "Giovanni III" e la barca "Vincenzo", guidate da Pietro Arini e Giovanni Bonventre, per ultima partì la "Giuseppe Maria", guidata da Giovanni Impicciché, che aveva sopra 34 ragazzini, la giornata era piena di sole, un vero assaggio dell'estate siciliana, e i ragazzi, forse per la novità del viaggio in barca, forse per l'allegria dell'aria, forse per la libertà dopo giorni di studio, erano particolarmente allegri e vivaci, alcuni si sedettero sul bordo della barca tenendo i piedi nell'acqua, altri si muovevano, mentre, insieme a don Calogero Falzone e al chierico Vincenzo Sagona cantavano alla Vergine Santa l'inno "Ave, maris Stella".
Alle ore 11.50 la barca ha un sussulto, dell'acqua entra dalla destra, i ragazzi per non bagnarsi si spostano su di un lato, la prua si abbassa, il capobarca si alza per sistemare i ragazzi, sono attimi, la barca si capovolge, i ragazzi che si trovavano sul bordo destro finiscono sotto la barca, gli altri sono scaraventati in acqua, la barca capovolgendosi colpisce alcuni, altri con tutte le forze cercano, invano di salvarsi, di nuotare, benché non sappiano nemmeno come fare.
I ragazzi cercano di aiutarsi fra di loro, chi sa nuotare dà una mano agli altri, i più grandi con spirito eroico cercano di salvare tutti, sono Carmelo Orlando, diciassettenne coraggioso, che riuscì a salvare quattro compagni, prima di scomparire fra le acque, forse trasportato al fondo dal peso di quegli altri compagni che cercavano la salvezza; il suo grande amico di sempre, Antonino Messina; e Michelangelo Turrisi che, dopo aver salvato due compagni, tornato in acqua per proseguire la sua opera eroica, perse i sensi colpito da un rottame e finì così la sua vita.
In circa 8 minuti si consumava così una grande tragedia, con 17 morti e 14 feriti.
Le famiglie, ignare di tutto, furono avvertite tempestivamente per mezzo di telegramma e giunsero nel pomeriggio a Marsala, ove già la città si trovava ai piedi di quei giovani angeli, le cui ali erano state spezzate da una tragedia inaspettata.
All'ospedale vi erano i feriti e nella vicina chiesa di San Biagio erano stati approntati dei lettini, ove giacevano i corpi senza vita delle vittime. Tutti i genitori si recarono anzitutto in ospedale, sperando nella salvezza per i propri figli, ma alcuni dovettero tristemente recarsi nella chiesa per ritrovare quel figlio che avevano lasciato vivace e gioioso ora silente e inerme su un bianco lettino.
Le scene di dolore e disperazione è più facile a voi immaginarle, che a me raccontarle, il dolore di una madre, di un padre, non è cosa che può essere raccontata a parole.
Su uno dei lettini giaceva un giovinetto, quattordicenne, bello e composto, ancora un sorriso accennato sulle labbra, quel sorriso che era stato il distintivo della sua breve vita, accanto a lui seduta prega una vecchietta, non è la nonna né una zia né una parente, era quella vecchina che ogni giorno, passando quel giovinetto salutava con rispetto e con affetto, ora lei, con dolore di madre sosta vegliando quel giovane, attendendo che arrivino i suoi genitori che abitano lontano. Ma i genitori, accecati dall'immenso dolore, non riconoscono il loro figliolo e lo cercano fra i letti, non lo vedono, la speranza dolorosa fa loro credere che forse si sono sbagliati, forse il figlio non è lì. Eppure quel giovinetto giace lì dinanzi ai loro occhi, quando lo riconoscono è una scena straziante, che non si può né narrare né immaginare, la morte si impadronisce dei loro cuori, della loro memoria, e non li lascerà mai più
Il 3 Maggio si tennero i solenni funerali, alla presenza delle autorità religiose e civili, dopo si propone alle famiglie di creare nel cimitero di Marsala un memoriale, ove seppellire insieme tutte le vittime, ma le famiglie si oppongono, tutti vogliono i propri figli vicini, quella vicinanza che in vita, per vari motivi, non avevano potuto avere. Così le famiglie portano i loro figli nei propri paesi, dove si celebrano nuovamente solenni funerali, e dove i corpi di quegli angeli, giacciono nell'attesa della risurrezione, mentre dal Cielo guardano e proteggono le loro famiglie, con affettuosa intercessione presso il Signore.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento